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Come creare un bonsai con la canapa

La tecnica di coltivazione dei bonsai viene generalmente applicata ad alcune tipologie specifiche di piante, soprattutto l’olmo cinese e il pino giapponese. Poiché il termine bonsai può essere tradotto semplicemente come “piantato in vaso”, in teoria ogni varietà di pianta può adattarsi a questa antica tecnica. Una delle ultime tendenze, in tal senso, vede una crescente diffusione di bonsai realizzati con le piantine di canapa sativa, una specie vegetale meglio nota come cannabis. Naturalmente, per ottenere un risultato che possa davvero definirsi ‘bonsai’, è necessario scegliere una varietà adeguata ricorrere ad alcuni accorgimenti per creare un esemplare in miniatura. Di seguito, vediamo quali sono i passaggi da seguire per creare un bonsai con una pianta di canapa sativa.

La preparazione

La prima cosa da fare per creare un bonsai a partire da un esemplare di cannabis è approntare un’adeguata preparazione. Bisogna innanzitutto scegliere un vaso di dimensioni adeguate (non troppo grande né troppo piccolo, con la lunghezza pari a circa ⅔ dell’altezza) e preparare il terreno che ospiterà la pianta: è bene optare per una miscela che favorisca al meglio lo sviluppo dell’arbusto. Successivamente, è necessario procurarsi tutti gli strumenti e gli accessori necessari alla coltivazione, anche in base allo stile del bonsai che si vuole ottenere; a differenza di quanto si possa pensare, infatti, lo sviluppo della piantina può essere orientato (per mezzo di un procedimento che prende il nome di ‘filatura’) in diversi modi, dal fusto perfettamente eretto al ‘doppio tronco’, passando per la ‘cascata’ o l’effetto ‘mosso dal vento’. Le varie ‘forme’ del bonsai vengono ottenute, generalmente, legando la piantina a piccoli supporti di legno conficcati nel terreno ai quali vengono legati i rami più sottili ed elastici; in tal modo, durante la crescita, assumeranno un profilo ben preciso.

Quale varietà scegliere?

In linea di principio, le varietà più adatte alla creazione di un bonsai sono la Critical Kush e la White Widow, entrambe caratterizzate da una concentrazione piuttosto elevata di THC. Ragion per cui, è consigliabile virare su specie di altro tipo, come ad esempio le autofiorenti. I semi e le piante di questo tipo sono caratterizzate dalla capacità di svilupparsi anche in assenza di un’adeguata esposizione alla luce solare; per questo, vengono dette anche ‘non fotoperiodiche’, poiché crescono normalmente anche se non sono esposte al sole per un certo numero di ore al giorno.

Di conseguenza, possono essere tenute anche in luoghi chiusi, dal momento che raggiungono – al massimo dello sviluppo – un’altezza limitata. I semi autofiorenti possono essere ‘regolari’ (ossia un mix di maschi e femmine) oppure femminizzati, dai quali si sviluppano esclusivamente piante femmine.

Chi si appresta a creare un bonsai con una pianta può quindi scegliere una variante autofiorente tra quelle denominate ‘Critical’; tra quelle a basso contenuto di THC – entro i limiti previsti dalla legge – c’è la Critical Lime, utilizzata per la produzione della Moon rock weed, un prodotto acquistabile legalmente presso le farmacie specializzate o gli e-commerce di settore, come ad esempio prodotti-cannabis.it.

Come effettuare la potatura

Affinché la canapa possa effettivamente assumere la forma desiderata mantenendo le dimensioni di un bonsai è necessario, oltre alla filatura, eseguire correttamente una potatura periodica. Tale operazione va effettuata durante il periodo di crescita delle parti giovani della pianta, utilizzando un attrezzo apposito (le cesoie, meglio se con le lame concave). Ogni taglio deve essere funzionale allo sviluppo della forma prescelta; questo tipo di potatura viene definita ‘strutturale’, in quanto è necessaria alla formatura della pianta. Il consiglio è di tagliare le parti più esterne, che tendono ad aumentare il volume della chioma del bonsai. In aggiunta, può essere necessario effettuare una potatura di manutenzione, per rimuovere parti attaccate da insetti o parassiti.

Pompa con autoclave: pressione dell’acqua sempre al top

Hai problemi con la distribuzione dell’acqua nel tuo appartamento all’ultimo piano? Probabilmente ti hanno consigliato di collegare una pompa con autoclave al tuo impianto idrico. Ma sai cos’è e come funziona questo strumento? 

Funzionale supporto che utilizza la pressione per far arrivare l’acqua anche ai piani più alti,

in questo articolo potrai trovare alcune informazioni utili sulle pompe con autoclave che ti aiuteranno a capire di cosa si tratta e se potrebbe risolvere i tuoi problemi.

Pompa per autoclave: cos’è?

Prima di capire il funzionamento della pompa con autoclave, è importante sapere a cosa serve questo strumento. 

Il termine autoclave indica un particolare tipo di chiusura ermetica basato sulla differenza di pressione tra l’interno del contenitore e l’esterno. Solitamente viene installata negli impianti idrici che si sviluppano in altezza, come grattacieli o edifici a più piani.

L’autoclave in condominio o l’autoclave per appartamento silenziosa è quindi un’ottima soluzione per fare arrivare l’acqua anche nelle zone dove non è molto agevole.

La pompa per autoclave infatti  è studiata per aumentare la pressione dell’acqua all’interno di un recipiente, con lo scopo di spingere l’acqua contenuta verso l’alto dove normalmente non arriverebbe a causa delle pendenze o della posizione. 

In questo modo è più semplice fare arrivare il liquido anche in zone in cui è meno agevole.

Dato il suo funzionamento, questo tipo di impianto è particolarmente adatto per gli edifici che si sviluppano in altezza. 

La normativa vigente proibisce di collegare direttamente la pompa per l’autoclave all’impianto idrico, questo per contenere il consumo di acqua. E’ preferibile dunque installarla su un pozzo oppure in una cisterna di riserva. 

Pompa per autoclave: come funziona

Una pompa per autoclave è composta da questi elementi:

  • una pompa elettrica,
  • il polmone, ossia un contenitore a pressione in cui è presente una camera d’aria;
  • un pressostato, ossia un interruttore che accende la pompa in base alla pressione dell’acqua. 

A seconda del modello, può essere presente anche un serbatoio. Nella pompa autoclave con serbatoio quest’ultimo serve per immagazzinare un certo quantitativo di acqua che poi verrà distribuita nella rete. 

Una volta accesa la pompa elettrica, l’aria presente nell’impianto viene compressa aumentano così la pressione. Quando uno qualsiasi dei rubinetti collegati all’impianto viene aperto, la pressione diminuisce permettendo così all’acqua di passare. Una volta chiuso il rubinetto, l’iter ripartirà automaticamente alimentando così tutto l’impianto.

Per quanto riguarda i costi di installazione, tutto dipende da quante utenze devono essere rifornite poichè in base a questo elemento è possibile calcolare la capacità di acqua necessaria.  In linea di massima il costo di installazione e l’intervento di un tecnico specializzato richiede una cifra non inferiore ai 1.000 €.

Dal punto di vista dei consumi, è possibile scegliere una pompa autoclave inverter per aumentare il risparmio energetico. In questo campo la marca più conosciuta è quella delle pompa autoclave dab.

Sei alla ricerca di una pompa per autoclave?

Guida al trattamento fai-da-te dei tarli del legno e alla diagnosi delle relative infestazioni nella tua casa

In questa guida, scoprirai tutto ciò che c’è da sapere riguardo questi parassiti, incluso come trattare il tarlo del legno  (per ulteriori informaizoni consulta il sito glispecialistidelladisinfestazione.com) e come sbarazzarti di esso, trattandolo efficacemente. Inoltre, troverai informazioni sui loro cicli di vita, le loro abitudini e su come l’umidità possa svolgere un ruolo determinante nel fornire loro le condizioni ideali di cui hanno bisogno per vivere e crescere. Inoltre, imparerai anche come scovare la presenza del tarlo nel legno dei mobili e come capire se è ancora attivo o meno. 

Chiedi aiuto durante la diagnosi, per valutare la presenza di diversi tipi di infestazioni da tarli: comune, asiatico o quello più raro e pericoloso chiamato l’orologio della morte. Impara a riconoscere dove prosperano questi animali e come prevenire una nuova infestazione utilizzando rimedi efficaci.

Non vuoi fare questo lavoro da solo? Trova un esperto nei paraggi.

La maggior parte delle infestazioni da tarli può essere trattata con abilità e strumenti fai-da-te. Leggi la guida con i nostri consigli e una spiegazione completa su come trattare questi insetti, riuscendo a sbarazzartene per sempre.

Consigli sul trattamento dei tarli e rilevamento della loro presenza

Esistono tre tipi di tarli. Di seguito li descriveremo per poterti permettere una facile identificazione e per aiutarti a definire i diversi tipi di infestazione nel caso in cui tu pensassi di avere a che fare con uno di questi animaletti.

  • Il tarlo comune dei mobili è quello che normalmente può infestare la tua abitazione.
  • Il tarlo asiatico è più raro ma molto più distruttivo, di questo esemplare ne parleremo più avanti.
  • Ultimo, ma non meno importante rispetto agli altri, l’orologio della morte, il cui nome suona come 

Come rilevare il tarlo attivo

Esiste un malinteso comune sul fatto che il tarlo sia inattivo quando compaiono i buchi nel legno. Questo segno significa, piuttosto, che quella particolare larva è cresciuta e ha lasciato il nido come un vero adulto ma ciò non significa che non ci sia più nei paraggi. In effetti, quello stesso tarlo potrebbe essere tornato a deporre le sue uova iniziando nuovamente il suo intero ciclo di vita.

Quindi, come si fa a sapere se il tarlo è attivo o meno? Se il tarlo è ancora attivo, ci saranno segni di escrementi, dalle sembianze di segatura fine, intorno all’area interessata.

Se il legno in questione è adatto per l’insediamento del tarlo, potrà essere di nuovo un buon terreno di alimentazione nel caso in cui non venisse trattato. Poiché il tarlo e l’umidità vanno spesso di pari passo, la presenza di questi animali è un buon indicatore del fatto che il legno non era nemmeno prima in buone condizioni.

Tarlo nei mobili e altri legnami

Nel caso in cui vedessi piccoli fori sparsi sulla superficie del legno o dei mobili, avresti la prova della presenza del tarlo. Di solito si presentano un gruppo di fori e ciascuno di essi ha una larghezza di circa 1-2 mm.

Come accennato all’inizio, questi buchi compaiono proprio dove il tarlo adulto è emerso dal legno dopo aver trascorso la parte principale del suo ciclo di vita come una larva all’interno della superficie. Sono quindi noti come fori di emergenza o fori di uscita.

Mentre il tarlo è nello stato larvale, egli si fa strada all’interno del legno. Ovviamente, è sempre meglio trattare il legno, ma di solito non c’è motivo di allarmarsi a dismisura nel caso in cui notassi delle prove riguardo la presenza di questo tarlo comune.

Come suggerisce il nome, questi ultimi sono le specie più comuni di tarli. Attaccano il legno di conifere come il pino, ma sono a loro agio anche all’interno del compensato e possono rimanere nel suo interno per periodi di tempo prolungati, specialmente in presenza di umidità.

Tarlo e umidità

Sebbene le condizioni non debbano essere necessariamente umide per far sopravvivere i tarli, essi prospereranno in maniera migliore in queste situazioni. Pertanto, le assi del pavimento umide o i legni per soppalchi rappresentano luoghi privilegiati per i tarli, ma ovviamente essi potranno fare la propria casa anche nei nostri mobili e, poiché questo avverrà sotto il nostro naso, è più probabile che causino danni nei mobili.

È molto probabile che i tarli scelgano legno non trattato per deporre le loro uova, quindi è molto probabile trovarli nei mobili in cui lo smalto o la finitura si sono consumati o nel caso in cui l’oggetto in questione fosse posto in condizioni umide. Tuttavia, il tarlo potrebbe vivere anche in altre condizioni: non scartare la possibilità che sia presente solo in base a questo fattore.

Se hai notato la presenza di tarli nei mobili ma possiedi anche altro legname in casa predisposto ad accoglierli, stai tranquillo che lo troveranno! In questo caso è quindi molto meglio trattare le superfici sempre in anticipo, non appena dovessi notare prove evidenti della loro presenza.

Come sbarazzarsi del tarlo comune dei mobili 

Il miglior trattamento del legno da usare contro i tarli comuni è quello a base di polvere di boro perché è un prodotto a base d’acqua che uccide soltanto questi animali, non emette fumi o odori sgradevoli e si impregna rapidamente nel legno. 

Molti esperti utilizzano anche una sostanza chimica chiamata Permetrina, ma quest’ultima sprigiona vapori e odori sgradevoli ed è anche pericolosa per altri insetti e persino per tutti i mammiferi.

Trattamento normale

Se si utilizza la polvere sopra citata, diluire una soluzione al 5% e applicare due mani di pennello o spray. Lascia asciugare ogni mano prima di applicare la successiva.

Assicurati di indossare una maschera antipolvere e guanti ed evita di schizzare la soluzione sulla pelle nuda.

Preparazione della soluzione di boro per il trattamento del tarlo

La polvere di boro può essere sciolta nelle seguenti modalità per trattare diverse superfici. Utilizza la nostra tabella di seguito riguardo la preparazione pratica:

  • 100 grammi ogni 2,5 litri per 5 metri quadrati
  • 200 grammi ogni 5 litri per 10 metri quadrati
  • 500 grammi ogni 12,5 litri per 25 metri quadrati
  • 1 Kg ogni 25 litri per 50 metri quadrati
  • 2,5 Kg ogni 62,5 litri per 125 metri quadri

In alcuni casi, questa polvere può essere miscelata e utilizzata con una soluzione al 10%, utile laddove l’infestazione fosse più pesante. Per l’uso fai-da-te consulta, invece, il prossimo paragrafo.

Infestazioni pesanti

Suggeriamo di trattare con il gel di boro anche le aree di legno fortemente infestate, al fine di fornire ulteriori ingredienti attivi per garantire che l’intera infestazione venga eliminata in un unico trattamento.

Il trattamento in questione è disponibile come soluzione al 5% o per il commercio al 20%, in quantità da 500 ml, 1 litro e 2 litri.

Il gel deve essere applicato a pennello liberamente sulla zona interessata, ma ricorda di non lasciare eccessi sul legno in quanto questi ultimi possono cristallizzare. Rimuovi l’eventuale gel in eccesso con un panno asciutto.

Ecco le quantità alle quali far fede:

  • 2 litri per 8 metri quadrati
  • 1 litro per 4 metri quadrati
  • 500 ml per 2 metri quadrati

Infestazione e umidità

Si consiglia di trattare l’area con questo gel laddove fosse presente umidità nel legno poiché fungerà da conservante e fornirà una protezione aggiuntiva contro marciume e infestazioni. 

Tempo di rientro dopo il trattamento

È possibile tornare nella zona che è stata trattata con questi prodotti dopo un’ora o quando il prodotto sarà asciutto, a seconda del caso. Questo lasso di tempo è noto come il tempo di rientro. 

Attenzione

Mentre animali domestici, uccelli e pesci non dovrebbero ritenersi a rischio nel caso in cui entrassero in contatto con prodotti a base di boro, i trattamenti contro i tarli a base di permetrina possono essere dannosi per queste specie. 

Tarlo asiatico

Laddove il tarlo asiatico fosse ben visibile, ti sarai accorto che preferisce i legni del tetto e attacca soltanto quelli dolci. A differenza di quello comune, le larve di questa specie scavano buchi e tunnel nel legno molto più grandi e l’infestazione causa gravi danni strutturali ai legnami.

Se si sospetta di avere a che fare con un’infestazione di questo tipo, è necessario richiedere una consulenza professionale il più presto possibile.

Come sbarazzarsi di questo tarlo

Non tentare di trattare le infestazioni del tarlo asiatico mediante un’attività fai-da-te. Essendo così distruttivo, dovrebbe essere gestito solo da un professionista in grado di fornire consulenza riguardo i danni strutturali da esso causati e l’eventuale trattamento necessario.

L’orologio della morte

Il nome orologio della morte suona così terribile, ma in realtà non provoca una così grave infestazione come quella del tarlo asiatico.

Quest’ultimo tipo di tarlo tende a infestare legni duri come l’olmo e la quercia. I legnami importati hanno maggiori probabilità di essere attaccati: la quercia francese rappresenta una vera prelibatezza per questi animali. Tuttavia, essi potranno deporre le uova anche nei legni di conifere.

Questo tarlo preferisce che il suo legno sia umido o persino bagnato. È particolarmente felice nel caso in cui ci fosse anche una decomposizione fungina nel legname in atto. Per poter prosperare veramente questo tarlo richiede condizioni che non vorresti mai che si verificassero in casa tua e proprio per questo motivo non è un parassita molto comune.

Questo tarlo ha un ciclo di vita di dieci anni che rende il trattamento un po’ più difficile ed è anche molto più distruttivo: può causare gravi danni strutturali, soprattutto sui legni di grandi dimensioni.

Come sbarazzarsi dell’orologio della morte

Sarai sicuramente in grado di sentire la differenza tra legno massiccio ben curato e in presenza di sezioni vuote.

Testa queste aree vuote perforandole con una coclea di 8-10 mm di diametro, in modo tale da poter stabilire i parametri dell’infestazione.

Una volta individuato il luogo in cui sarà necessario il trattamento, è possibile iniettare la pasta di boro nelle aree interessate.

Pratica dei fori di un diametro di 10 mm entro un raggio di 15 mm dalla faccia opposta.

Riempi i fori che hai praticato con la pasta di boro. Accertati che il foro sia completamente pieno dal basso verso l’alto, usando un tubo di prolunga. Chiudi il foro con un tassello di legno o un cappuccio di plastica. Rimuovi l’eventuale pasta in eccesso con un panno per evitare la formazione di cristalli.

Una volta che la pasta rimasta sulla superficie sarà asciutta, spennella due mani di gel al boro su tutte le aree interessate. Applica il gel su legno sano e anche lungo tutta l’area che è stata attaccata. Lascia asciugare ogni mano prima della successiva stesura.

Dal momento che il ciclo di vita di questo tarlo è molto lungo, dovresti continuare a controllare l’infestazione con cadenza annuale per almeno dieci anni.

Nota: il solo trattamento superficiale non è sufficiente per affrontare questo tipo di tarlo ma sarà necessario unirlo a quello interno. Se non si desidera affrontare questo compito in modo fai-da-te, ti consigliamo di richiedere assistenza e consulenza professionale da parte di uno specialista competente e responsabile.

Coltivazione idroponica e cosa coltivare

Avrai sentito parlare spesso della coltivazione idroponica. Sai già che si tratta di un tipo di coltivazione fuori suolo, che ricava le sostanze nutritive dall’immersione delle radici nell’acqua e non nella terra. 

In Italia sta conoscendo molta popolarità sia  tra i grandi coltivatori che tra gli appassionati domestici. E vista la facilità, anche tu ti sei deciso ad avviare il tuo piccolo orto idroponico. 

Servono pochi materiali: una grow box e un kit di coltivazione completo di lampade, tubi e sistema di pompaggio dell’acqua.

Ma quali tipi di piante puoi coltivare? 

Cosa posso coltivare

Nella maggior parte degli articoli che si leggono online, la canapa è l’unica pianta che viene indicata come ideale per una coltura idroponica.

Senza nessun dubbio è la varietà che rende di più in termini di raccolto. 

Ma questo sistema può essere sfruttato per avviare tantissime coltivazioni di ortaggi ed erbe aromatiche, soprattutto perchè non si utilizzano fertilizzanti chimici e pesticidi. Di conseguenza i prodotti raccolti sono più sicuri anche da un punto di vista salutare. 

Le erbe aromatiche

Partiamo dalle piante che sono più semplici da coltivare: le erbe aromatiche. Le erbette richiedono poche cure in realtà: basta infatti prestare attenzione al tasso di umidità e alla temperatura della serra per garantire lo sviluppo. Solitamente non hanno particolare bisogno di fertilizzanti e tendono a crescere rapidamente. Le tipologie di aromi freschi più coltivati sono:

  1. – la salvia; 
  2. – l’erba cipollina;
  3. –  il ravanello; 
  4. – il basilico;
  5. – il prezzemolo.

Data la grandezza contenuta di queste piantine, necessitano di poco spazio per la coltivazione. Sono perciò ideali anche per la coltivazione indoor. Infatti la mini serra può essere tranquillamente installata  in un angolo della casa oppure in balcone. La tecnica maggiormente utilizzata è quella del Floating System.

Le verdure a foglia

Se ti sei già cimentato con le erbette e vuoi fare un passo avanti, puoi seminare diverse verdure. 

Molte tipologie di verdure hanno risposto positivamente alla coltura fuori suolo. Tra tutte, le piantine più adatte sembrano essere quelle a foglia verde come la rucola, il lattughino e la valeriana. 

Così come per le erbe aromatiche, la tecnica del floating system è la più adatta anche per queste tipologie di insalata. 

Gli ortaggi

Anche gli ortaggi stanno scoprendo l’idrocoltura.

In particolare il pomodoro è l’ortaggio che meglio riesce a mettere radici sulla maggior parte dei substrati in commercio come il compost, la lana di roccia, la fibra di cocco e la torba. Bisogna però tenere d’occhio le temperature: capita spesso che il clima caldo finisca per disidratare troppo la pianta, specialmente nella coltivazione outdoor del pomodoro.  

Anche il peperone riesce a legarsi facilmente al substrato ma richiede una maggiore cura. La pianta di peperone infatti tende ad ingrandirsi in maniera scomposta, occupando quindi molto spazio. Se non si interviene regolarmente con un’adeguata potatura, si rischia di limitare il ricircolo dell’aria all’interno della serra.

L’ultimo ortaggio perfetto per la coltura idroponica è il cetriolo, che necessita di un grandissimo quantitativo d’acqua per svilupparsi. 

Come scegliere un abbacchiatore per olive

La raccolta delle olive inizia tra la metà di ottobre e la metà di novembre, a seconda della regione, della varietà e della maturità desiderata. 

Poiché le olive vengono raccolte sia per il consumo che per la trasformazione in olio, il grado di maturità è importante. 

Tutte le olive hanno inizialmente una tonalità verdognola, poi col passare dei giorni assumono una colorazione più scura fino a diventare nere. 

A seconda del tipo di olio che il coltivatore produce, una combinazione di olive in stadi di maturazione diversa può essere utilizzata per la pressatura. 

Tradizionalmente, la raccolta delle olive viene effettuata a mano, soprattutto negli uliveti a conduzione familiare; sempre più spesso, però, capita che anche il coltivatore meno esigente senta il bisogno di un supporto meccanico durante i giorni della raccolta. 

Scegliere un abbacchiatore per olive (così si chiama lo strumento utilizzato per agevolare il lavoro nelle olivete), non è sempre facile; in questo articolo vedremo come individuare quello più adatto alle specifiche esigenze. 

  1. Abbacchiatore per olive : quale scegliere?

Innanzitutto, c’è da dire che gli abbacchiatori per le olive sono raggruppabili in 3 grandi categorie : quelli elettrici, quelli pneumatici e quelli a batteria. 

Esistono, poi, molte sottocategorie che dividono gli abbacchiatori in base al loro movimento (laterale, verticale, rotante o oscillante). 

  1. Abbacchiatori per le olive a batteria

Gli abbacchiatori per per olive a batteria sono tra i prodotti più popolari nell’ambito degli strumenti per la raccolta delle olive e si distinguono per le loro prestazioni, la leggerezza e la facilità d’uso, in quanto, per garantirne il corretto funzionamento, è necessaria solo una batteria come fonte di energia. 

L’autonomia degli abbacchiatori a batteria in molti casi non riesce a resistere a un’intera giornata di lavoro ed è necessario procedere con una ricarica; per questo, tali tipi di strumenti, sono particolarmente indicati per chi possiede olivete con un numero limitato di alberi. 

  1. Abbacchiatori pneumatici per le olive 

I raccoglitori di olive pneumatici, ovvero ad aria compressa, rappresentano invece la categoria più storica di abbacchiatori lanciati sul mercato. 

Proprio per la loro storicità, questi strumenti hanno raggiunto nel corso del tempo standard elevati di qualità e affidabilità. 

Naturalmente, per via della tecnologia con cui sono realizzati, questi abbacchiatori per olive pneumatici devono essere abbinate a un compressore d’aria per poter funzionare correttamente; questo potrebbe scoraggiare i coltivatori che desiderano avere il minimo ingombro possibile, in quanto l’utilizzo di questi abbacchiatori richiede la presenza di un compressore e di tubi per l’aria compressa.

  1. Abbacchiatori elettrici per le olive

Tra gli strumenti più diffusi per la raccolta delle olive in autunno, troviamo senza dubbio gli abbacchiatori elettrici, le cosiddette “pinze vibranti”; si tratta di strumenti a manico lungo in grado di scuotere e far cadere le olive dai rami direttamente nelle reti disposte sotto l’albero. 

Gli abbacchiatori elettrici per la raccolta delle olive sono senza dubbio i più maneggevoli (oltre che i più economici) e possono essere utilizzati senza un eccessivo sforzo fisico anche dai coltivatori meno esperti. 

  1. Perché affidarsi ad un abbacchiatore per olive

L’uso di una macchina per la raccolta delle olive, sia che si tratti di uno strumento elettrico o pneumatico, contribuisce in maniera sensibile ad ottimizzare i tempi di esecuzione e a ridurre gli sforzi.

Le macchine per la raccolta delle olive presentano alcune differenze di prezzo, gestibilità e comfort ed è per questo motivo che è importante valutare bene ogni singola necessità prima di procedere all’acquisto. 

E’ importante, ad esempio, tenere conto della varietà di olive da raccogliere e della estensione dell’oliveta; varietà di olive come Picual, Empeltre, Manzanilla Cacereña sono di facile distacco, mentre le Cornicabra, Blanqueta, e Picudo richiedono un’energia maggiore per essere raccolte.  

bonsai regalo

Cosa regalare a Natale a chi ama i bonsai: 7 idee regalo

Ecco arrivato il momento dell’anno che tutti amano e temono, il Natale! Cosa potrebbe far piacere a chi ama i bonsai e la cultura che sta intorno all’antica arte vivente?

Cominciamo a entrare nella psicologia di chi ha questo hobby: chi si avvicina a questa arte è sicuramente una persona spirituale, che ha grande pazienza e capacità d’introspezione.

Il bonsai è parte dell’antica e ricchissima tradizione Giapponese, nella quale sono importanti concetti come equilibrio, meditazione, armonia e serenità.

Cerchiamo allora di sfruttare questi aspetti quando pensiamo a cosa regalare a lui o a lei, se ha questa passione.

Partendo da queste basi, ecco alcune idee da mettere sotto il suo (mini?) albero di Natale!

Kit strumenti

La prima cosa che viene in mente è un buon set di strumenti per la potatura, filatura e cura in generale dei suoi adorati bonsai. Sono disponibili nei negozi, sia online che reali, dei bellissimi set con tutto ciò che serve: sensore per l’umidità e il PH del terreno, cesoie da potatura, pinzette, piccolo rastrello e pale in miniatura. Questo kit va bene per chi ha iniziato da poco, mentre per i più esperti trovatene uno che contenga anche il fil di ferro e del mastice.

Libro

Ma se sa ha già tutto ciò che serve per la parte pratica della sua passione, allora potete pensare ad un libro fotografico dedicato ai bonsai. Alcuni libri sono davvero scenici e contengono foto d’autore indimenticabili. Altri sono dei veri scrigni preziosi di consigli e indicazioni su idee e tecniche di modellamento. Il nostro amante dei bonsai si getterà a capofitto nella lettura di uno di questi libri.

Lampada led

Un’idea originale e anche un po’ natalizia è quella della lampada led a forma di piccolo albero, uno spettacolo per gli occhi e un oggetto d’arredamento che crea anche un’atmosfera degna di un elfo di Babbo Natale. Ha proprio la forma di un bonsai, con delle bellissime lucine led alle estremità dei rami. Un’idea regalo molto carina anche per chi non è particolarmente appassionato.

Sticker

Questa à una scelta da fare solo se si conoscono a fondo i gusti del destinatario del regalo, perchè gli sticker da parete devono piacere a chi abita la casa. E’ anche vero, però, che costano così poco da poter essere un buon azzardo. Lo sticker a forma di bonsai è molto poetico, e semplicemente perfetto per la camera da letto. Se ad esempio devi regalarlo al tuo uomo o alla tua donna, sarà molto adatto.

Giardino zen

Come dicevamo, i bonsai sono parte integrante della tradizione giapponese, per cui è molto probabile che la persona che vi dedica il suo tempo sia un appassionato delle filosofie e tradizioni orientali: ecco perché possiamo suggerirti di donargli un giardino zen con fontana, da mettere accanto al suo bonsai. L’arte del bonseki, cioè l’arte di costruire piccoli giardini su piatti o vada, con sassi, piante e corsi d’acqua, è molto vicina a quella del bonsai. Inoltre in questo modo potrà sentire il rumore dell’acqua che scorre mentre cura la sua piccola pianta, aumentando così il potere terapeutico di questa pratica.

Supporto per piante

Se comincia ad avere più di un bonsai, oppure coltiva in generale molte piante, questa bel supporto per piante e vasi in legno naturale sarà la soluzione ai suoi eventuali problemi di spazio, o semplicemente un modo per tenere in bella vista tutte le sue creazioni. Questo dono è utile se non sei sicuro che abbia una enorme passione per i bonsai, ma sei sicuro che si dedichi al giardinaggio. Inoltre il suo stile semplice la rende adatta a quasi tutti i tipi di arredamento.

Stampa artistica

Cosa saremmo senza l’arte? I bonsai hanno un significato poetico profondo, che solletica le anime sensibili: ecco perché una stampa che rappresenta la sua passione sarà un pensiero delicato e molto apprezzato, specialmente a Natale. Esistono stampe o dipinti, su tela, tessuto o legno, c’è solo da scegliere quella che potrebbe piacergli di più!

Se queste idee non ti bastano, puoi pensare di sfruttare anche qualche altro aspetto della personalità del nostro destinatario, e dare uno sguardo ad altre idee e consigli per i regali di Natale: troverai sicuramente qualcosa che lo farà felice il prossimo 25 Dicembre.

Come Conservare i Bonsai: Cosa fare quando arriva l’estate

I Bonsai di base sono piante, e come tale vanno trattate. Tuttavia, per alcune essenze sono più delicate di piante “normali”, quindi ci sono diversi accorgimenti nelle varie attività che possono essere utili, specie nelle stagioni più calde come l’Estate ad esempio. E’ bene non posizionare mai i bonsai da esterno in pieno sole, e per i piccoli alberi da interno scegliere un posto ben illuminato ma in ambiente areato, evitando i colpi di calore. E’ utile utilizzare i sottovasi con dell’acqua sul fondo, in modo tale da fornire la giusta dose di umidità alla pianta sia fuori che dentro. E’ utile d’estate non far scaldare troppo il terriccio, quindi posizionare gli alberi a mezz’ombra ove possibile, perché il sole fa bene ma con luce diretta può causare il fenomeno molto diffuso del “colpo di secco”, che è in genere letale per i nostri alberi in miniatura. Anche per le piante da interno possono essere utili ambienti come una serra, una veranda, un garage ed una scala, purché abbiamo il giusto flusso di luce. Per quanto riguarda l’annaffiatura, questa deve avvenire in un tipo di terreno ben drenato, e senza ristagni sulle radici. I Bonsai amano l’acqua, ma troppa può causare marciume radicale. E’ bene innaffiare quindi quando la terra è asciutta, e in orari specie d’estate quando non è troppo alta la temperatura. La mattina presto, o la sera sono il periodo migliore in cui operare l’innaffiatura. In genere d’estate si innaffia una volta al giorno, poi ci sono piante come ad esempio il salice che ha bisogno di acqua costante, per cui mettere in piedi un meccanismo di innaffiatura continua può essere una soluzione. In genere è bene usare per l’innaffiatura quotidiana l’innaffiatore a pioggia, che fa cadere l’acqua in maniera delicata senza togliere la terra dal vasetto. Va irrorata controllando che la terra prenda bene l’acqua in profondità La concimazione deve essere equilibrata, ed è necessaria perché la terra da sola non riesce a dare tutte le sostanze all’albero di cui ha bisogno. Bisogna agire con una concimazione costante, utilizzando concimi liquidi oppure solidi a lenta cessione, a base organica, e meglio se specifici per bonsai. Nella fase estiva, essendo nel periodo vegetativo che va da marzo ad ottobre, il concime va dato per tutto il periodo. Nel caso di piante come le conifere, vanno concimate durante il riposo vegetativo, quindi al contrario delle altre essenze. L’estate si sospende invece la concimazione per i bonsai da interno, che vanno concimati nei restanti 10 mesi dell’anno. Con l’operazione di potatura, chiamata per i bonsai potatura di formazione e di mantenimento, si eliminano i germogli che crescono in eccesso e in posizioni non gradite a sensi non uniformi con la forma che si vuole dare al bonsai. Eliminando il germoglio principale, si tende a dare forza alla crescita delle uscite laterali, e quindi dando armonia alla forma della pianta. Tenendo bassa la crescita in altezza, il tronco si allarga aumentando la sua circonferenza e quindi dando una forma più armoniosa ed un risultato più elegante al nostro bonsai. Gli alberi tendono a crescere verso l’alto, verso la luce, e la potatura evita questa crescita informe che nasconde la luce ai germogli nella parte inferiore della pianta, portandoli in sofferenza. L’operazione di rinvaso permette all’albero di riprendere nuova linfa, e ridimensionare le radici troppo estese. Questa operazione avviene ogni 3 anni circa, e sostituisce la terra che a lungo andare tende a perdere le sostanze organiche. Le sostanze maggiormente usate nella terra per bonsai sono terriccio universale, torba, argilla e sabbia granulosa che permette il ricambio d’acqua, e le proporzioni variano a seconda delle caratteristiche dell’essenza di bonsai che andiamo a sviluppare. Se hai bisogno di suggerimenti sulla cura di Bonsai, oltre a noi puoi trovare news e tips utili anche su HobbyBonsai. E tu hai mai avuto problemi ai tuoi bonsai d’estate? Raccontaci la tua esperienza.

Irrigazione a goccia, un impianto automatizzato per i Bonsai

Quando il clima si fa più caldo, è possibile che nel caso di bonsai si faccia fatica ad innaffiarli e dedicarsi alla loro crescita.

Quindi in mancanza d’acqua costante, i piccoli alberi potrebbero risentirne, e perdere la loro forma e salute.

Come soluzione, per automatizzare il processo di irrigazione, potrebbe essere utile installare un impianto di irrigazione a goccia per bonsai, in modo che il sistema possa dare alla pianta l’acqua che serve, in caso di mancanza di tempo costante per innaffiarla.

Impianto di irrigazione a Goccia per Bonsai: dettagli

L’utilità dell’impianto di irrigazione a goccia permette di annaffiare abbondantemente i bonsai senza fargli mancare l’acqua necessaria, evitando i ristagni radicali e mantenenendo il substrato sempre sufficientemente umido. un sito di riferimento per questo tipo di tecnica di irrigazione è Mondoirrigazione.

Quali vantaggi si hanno nell’usufruire del sistema a goccia?

Si Risparmia acqua in quantità, la pianta cresce in maniera sana, meno tempo da destinare all’innaffiatura, perché il processo è automatizzato.

Struttura degli impianti di irrigazione a goccia

Il sistema di irrigazione a goccia è formato da una centralina programmatore, che funziona da timer, che va installato direttamente sul rubinetto, e funziona da mente pensante dell’intero impianto. La centralina ha bisogno di essere programmata e gestisce l’apertura e la chiusura dell’acqua ad orari prestabiliti per un tempo definito a priori.

Un tubo realizzato in polietilene manda il flusso d’acqua alle piante. Alla fine ci sono diramazioni con tubi capillari, che portano l’acqua al gocciolatore che si occupa infine di irrigare l’albero bonsai.

Quando i vasi sono particolarmente ridotti, basta un solo gocciolatore, mentre quando le dimensioni sono superiori ai 25 cm è necessario che i gocciolatori siano più di uno.

Esistono due tipi di gocciolatori: uno standard, che ha una sola uscita che emette la goccia, ed ha una portata dai due agli otto litri d’acqua al minuto; un altro tipo di gocciolatore è il modello regolabile, è fornito di più getti, e aprendo e chiudendo viene regolata la quantità d’acqua emessa.

Come si programma l’impianto di irrigazione a goccia?

Per innaffiare gli alberi in abbondanza, si regola per un’innaffiatura ogni tre giorni, mentre in caso di primavera calda, o estate piena, si regola in genere per una innaffiatura ogni 2 giorni.

Ogni sessione di innaffiatura con gocciolatore ha una durata media di sei minuti.

Sarebbe opportuno suddividere il tempo di irrigazione in più fasi anziché concentrarlo in una sola, perché altrimenti è possibile il ristagno per un drenaggio non adeguato del terreno.

Un esempio pratico potrebbe essere quello di effettuare 5 fasi di irrigazione di un minuto, con intervalli di pause di cinque minuti tra l’una e l’altra. Il tubo capillare non ha bisogno di regolazione, perché grazie ai gocciolatori è possibile effettuare l’innaffiatura di vasi di ogni dimensione. Grazie all’innaffiatura a goccia le piante ricevono sempre il quantitativo di acqua giusto per crescere sane e bene nutrite.

E tu hai mai provato questo sistema? Come ti sei trovato?

Come avere bonsai da talea

Coltivare una pianta da talea equivale a ricreare un numero elevato di alberi ereditariamente identici all’albero genitore. Questo processo, conosciuto in Giappone come “Sashiki”, si ottiene dalla coltivazione di diversi rami da cui, una volta piantati, nascerà l’esemplare.

Nel caso specifico analizzeremo, secondo le informazioni fornite dagli esperti di Coltivare.info, la coltura di un albero bonsai da talea. Il termine bonsai letteralmente significa albero in vaso. La tecnica della talea ha il vantaggio di scremare numerosi step obbligati che si presenterebbero durante una semina. Questa è largamente diffusa nei coltivatori di bonsai anche perchè ha il duplice vantaggio di essere economica e assicurare in anticipo le caratteristiche della pianta.

Come ottenere bonsai da talea

Innanzitutto, per poter ottenere un bonsai da talea e avere la certezza che la riuscita sia ottimale, è bene utilizzare sempre un terreno pulito, nuovo e che non contenga sostanze organiche. Su questo poi andranno piantati i rami: è importante però non pensare che tutti i rami siano adatti alla talea. Questi infatti dovranno essere lunghi 5-10 cm di altezza e 2-5 mm di spessore. Piantare rami più spessi riduce drasticamente la possibilità di riuscita. Una volta ottenuti i rametti, è bene tagliare la loro base a 45 gradi e inserirli in un vaso all’interno del quale è stato messo prima uno strato drenante e grossolano di pietrisco e poi un po’ di terriccio. Le talee andranno posizionate a circa un pollice una dall’altra nel terriccio e infine innaffiate. E’ bene lasciare sempre che il terreno sia umido. Il periodo favorevole alla coltivazione di bonsai da talea è quello primaverile/estivo.

Telee di legna tenero

Quando parliamo di talea di legno tenero, parliamo dei germogli dell’anno in corso che vengono tagliati in primavera inoltrata con taglio obliquo (quello a 45 gradi di cui sopra, ndr). Questo tipo di talea richiede una temperatura che oscilla tra i 23° e i 27°. Si consiglia di inserire la parte inferiore del vaso nel suolo, lasciando la parte superiore e le talee in ombra. Il risultato delle talee di legna tenero sarà visibile già nelle prime quattro o cinque settimane.

Talee di legna semiduro

Come si evince dal nome, quando parliamo di talee di legno semiduro, parliamo di rami maturi rispetto ai germogli della talea di legno tenero. Questi si possono ricavare, come le precedenti, in estate. Sebbene questa sia più resistente e la radicazione meno fluida, assicura una maggiore riuscita per quanto concerne la sopravvivenza. Questa infatti resiste anche a condizioni ambientali poco favorevoli e alla poca luce. A differenza delle talee di legno tenero, quelle semidure avranno bisogno di più tempo per radicare bene e sarà possibile rimuoverle per praticare il rinvaso soltanto dopo un anno.

Talee di legna duro

Le talee di legno duro sono le più utilizzate quando si parla di bonsai. Queste hanno un notevole spessore e sono più lente a emettere radici. Rispetto al legno tenero e semiduro, queste talee si ricavano tra l’autunno e la fine dell’inverno e vengono tagliate a maturazione completata. Per radicare hanno bisogno di diverso tempo che varia a seconda della specie. Quelle verdi o erbacee impiegano meno tempo rispetto a quelle legnose. Queste talee richiedono umidità ambientale, luce e ormoni.

Quali talee possono diventare bonsai

Tirando le somme passiamo in rassegna quei bonsai, unici nelle loro caratteristiche, ottenuti per talea. Paradossalmente quasi tutte le piante possono essere riprodotte con questa tecnica ma in particolare bisogna annoverare gli abeti, i ginepri, i cipressi, gli aceri, le azalee, i melograni, i gelsomini, gli olivi, gli olmi, i salici e la zelkova. In particolare, zelkova e salici, svettano in classifica per la facilità con la quale radicano per talea. Tra i sempreverdi più facilmente riproducibili abbiamo invece il ginepro.

Bonsai: cure e concimi utili

Un bonsai, come ben sanno coloro che si dedicano al giardinaggio, è un albero in miniatura, conservato come tale tramite una potatura mirata e una riduzione delle radici. Non è difficile curare una pianta di questo tipo: è sufficiente seguire alcune regole e armarsi di tanta pazienza e di tempo.

I bonsai rivelano il loro pieno potere ornamentale se irrigati, concimati e potati in maniera opportuna. Non è necessario essere esperti del settore per occuparsi di un bonsai, ma è essenziale rispettare le esigenze della pianta e studiare le tecniche di coltivazione basilari.

La cura dei bonsai: l’esposizione

Un primo fattore su cui bisogna soffermarsi è la corretta esposizione. Il bonsai ha bisogno dei raggi del sole per svolgere al meglio le attività di fotosintesi: la luce, tuttavia, non deve essere diretta.

L’ideale è una collocazione accanto alla finestra, a condizione che la chioma non venga in contatto con il vetro. Se posizionato in giardino, il bonsai va tenuto al riparo dai venti forti, dalle precipitazioni e dalle gelate, elementi che potrebbero causare problemi gravi alle foglie. Queste sono regole generiche, adattabili a molte piante ornamentali, ma è bene informarsi in maniera più approfondita sulle esigenze della specie vegetale che si possiede.

Concimi utili per un bonsai

La fertilizzazione dei bonsai va effettuata dalla stagione primaverile a quella autunnale, utilizzando prodotti diversi a seconda del periodo.

In Primavera è opportuno scegliere un concime ricco di azoto, che stimola la crescita delle foglie. In estate e in autunno, invece, bisogna prediligere fertilizzanti più equilibrati, in grado di bilanciare la suddetta sostanza con una corretta quantità di fosforo e potassio.

Il primo supporta lo sviluppo delle radici, il secondo incentiva la fioritura. Man mano che la pianta va incontro alla maturità, è essenziale ridurre la quantità di fertilizzante o, almeno, adoperarne uno che contenga meno azoto.

Di solito sulle confezioni sono riportate le dosi consigliate: una concimazione eccessiva potrebbe causare al bonsai gravi problemi di salute.

Su gogoverde.it si trovano diverse tipologie di concimi per bonsai, in modo da avere a disposizione la soluzione più adatta al proprio alberello.

Il terreno ideale per un bonsai

Coloro che desiderano dedicarsi alla cura di un bonsai devono scegliere il miglior tipo di terriccio. È importante che esso sia ben drenato, così da evitare fastidiosi ristagni: questi ultimi sono spesso all’origine di malattie fungine e marciumi radicali.

Al tempo stesso, però, il terreno deve essere in grado di mantenere una certa quantità d’acqua, per garantire alla pianta il giusto apporto idrico. È inoltre necessario che il tutto sia ben aerato, affinché l’ossigeno possa arrivare alle radici.

La soluzione ottimale è un misto di argilla, ghiaia, terriccio universale e pietra pomice. Quest’ultima contribuisce alla ritenzione idrica, mentre l’argilla e la ghiaia favoriscono il drenaggio. Il terriccio organico universale non va utilizzato da solo perché tende ai ristagni idrici, ma insieme agli altri componenti svolge al meglio la propria funzione.

Come rinvasare un bonsai

I botanici insegnano che un bonsai va rinvasato annualmente se giovane, ogni quattro o cinque anni se di età più avanzata. Di norma l’operazione si svolge poco prima della Primavera, poiché in questo periodo la pianta non è ancora entrata nella fase della piena fioritura.

Il vaso prescelto deve adattarsi sia alle dimensioni del bonsai, sia all’aspetto esteriore dello stesso.

È consigliabile estrarre l’albero in miniatura con un piccolo rastrello per radici, in modo che queste ultime non vengano danneggiate. Altri strumenti utili sono il filo per collegare la pianta al contenitore, forbici pulite per tagliare le radici troppo lunghe e un paio di bacchette di legno per compattare il terreno.

L’irrigazione

L’annaffiatura del bonsai va eseguita quando il terreno si mostra del tutto asciutto. Meglio irrigare di mattina presto, mentre è preferibile evitare il pomeriggio perché il terriccio si raffredderebbe troppo velocemente.

Gli esperti suggeriscono un annaffiatoio dotato di un soffione sottile, che non smuova troppo lo strato superficiale del terreno.

L’acqua piovana è l’ideale, ma in alternativa va bene quella demineralizzata: l’importante è che non contenga calcare. Nel complesso, i ritmi di irrigazione variano a seconda della specie, anche se in ogni caso non si deve esagerare con la frequenza.

Potatura di impostazione e potatura di mantenimento

La cura di un bonsai include le operazioni di potatura, per svolgere le quali bisogna procurarsi un tronchese adatto, ben pulito e disinfettato. Un simile strumento eviterà la formazione di antiestetiche cicatrici.

La potatura di impostazione è più incisiva e conferisce la forma alla pianta; quella di mantenimento, come suggerisce il nome, è volta a perfezionare una forma già esistente. La regola vuole che si rimuovano i rami sproporzionati, quelli che crescono in verticale e quelli che tendono a nascondere il tronco.

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